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Come bloccare un pignoramento immobiliare.

Esecuzione forzata: come riavere la casa pignorata e messa all’asta dai creditori. L’accordo, la sospensione e la possibilità di riacquisto dell’immobile.

Se sei oggetto di un’espropriazione immobiliare e i creditori hanno pignorato la tua casa, hai un solo sogno: poter bloccare l’asta e ottenere indietro ciò che prima era tuo. A dire il vero, l’avvio dell’esecuzione forzata non comporta già un esproprio: finché la casa non sarà aggiudicata dal tribunale al miglior offerente, resterai solo tu l’unico ed esclusivo proprietario (tant’è che devi farti carico di tutte le spese collegate all’immobile e alla sua gestione). Del resto, se nessuno mai si presenterà alle aste e i tentativi di vendita andranno deserti, la procedura si chiuderà senza che ciò intacchi il tuo diritto di proprietà. Dunque, il fatto di essere stato momentaneamente “allontanato” dall’immobile o di dover pagare un fitto al delegato alla vendita non implica un trasferimento del bene in capo al tribunale.

Per riavere la casa all’asta esistono vari modi, certo non semplici (se così fosse l’esecuzione immobiliare non sarebbe intrapresa da nessun creditore, attesi i costi e i tempi che comporta). Di sicuro è più facile evitare il pignoramento quando il creditore è l’agente della riscossione esattoriale (Agenzia Entrate Riscossione per i crediti erariali): per questi, infatti, esistono dei paletti che non valgono per i creditori privati.

Di tanto parleremo qui di seguito. Ti daremo alcuni consigli su come bloccare un pignoramento immobiliare; cercheremo di aiutarti a capire come salvare la casa all’asta o magari ricomprarla senza però violare la legge. Ma procediamo con ordine.

 

Bloccare l’asta con l’accordo con i creditori

Banale, ma non inutile, ricordare che puoi sempre trovare un accordo con i creditori anche una volta che la procedura è stata avviata. Difatti, la legge non pone limiti alle transazioni tra le parti anche nel corso di un processo.

Ti svelo un segreto: a nessuno – neanche al creditore e ancor meno al suo avvocato – piace fare cause, pagare le spese legali e dipendere per anni dal tribunale. Se c’è la possibilità di trovare un accordo con l’avversario si tenterà di tutto pur di avvicinare le rispettive volontà. Non ci sono limiti alla possibilità di un accordo. Le parti sono libere di formalizzare gli impegni assunti in un documento scritto (contratto di transazione) che pone fine alla lite tramite la parziale rinuncia alle reciproche pretese.

Di solito, nella prassi commerciale, gli accordi transattivi sono di due tipi:

  • saldo e stralcio: viene data la possibilità, al debitore, di pagare solo una parte del proprio debito, purché in una o poche rate (al massimo tre);
  • dilazione: viene data la possibilità, al debitore, di spalmare il proprio debito in più rate, magari con decurtazione delle spese legali e di una parte degli interessi.

La differenza tra la prima e la seconda soluzione è che, nel caso del saldo e stralcio, il creditore rinuncia a una fetta consistente del denaro che gli è dovuto a fronte del pagamento immediato; nella dilazione invece il debito complessivo resta sostanzialmente inalterato ma viene consentito un pagamento più agevole.

Nulla ovviamente toglie alle parti la possibilità di mischiare le due ipotesi e prendere una dilazione unita a un saldo e stralcio.

A formalizzare l’offerta di transazione è di solito il debitore per il tramite del suo avvocato o, in assenza, anche personalmente. Lo potrà fare con una lettera scritta o una email (meglio se con Pec) inviata all’avvocato del creditore che ha avviato il pignoramento. Questi poi la girerà al proprio cliente.

Il creditore non è tenuto a rispondere. L’avvio di una trattativa non implica neanche la sospensione della procedura, salvo diversi accordi (le parti potrebbero infatti accordarsi per chiedere un rinvio delle vendite).

Se l’accordo dovesse concretizzarsi, le parti firmeranno il contratto di transazione e al pagamento conseguirà l’abbandono della procedura esecutiva da parte del creditore.

Nel caso in cui il pignoramento sia stato avviato da più creditori, è necessario che l’accordo sia sottoscritto da tutti. Diversamente, l’aver accontentato uno solo di questi non implica l’abbandono della procedura da parte degli altri.

 

Come bloccare l’asta se c’è l’Agenzia Entrate Riscossione 

Come ben saprai la prima casa non è pignorabile da parte dell’Agente della Riscossione Esattoriale ma solo se questi è l’unico creditore che agisce. Diversamente, se un altro creditore dovesse aver avviato il pignoramento, l’Esattore potrebbe ugualmente intervenire nella procedura. In questo caso il debitore esecutato potrebbe trovare un accordo solo con il creditore privato: se questi dovesse infatti rinunciare alla procedura esecutiva, la stessa non potrebbe più essere proseguita dall’Agente della Riscossione. Facciamo un esempio pratico.

Immaginiamo che il sig. Rossi abbia un debito di 200mila euro con la banca e un altro di 150mila con la vecchia Equitalia, oggi Agenzia Entrate Riscossione. La banca ha iscritto ipoteca sull’unica casa di proprietà del sig. Rossi. Lo ha fatto anche l’Esattore (a tal fine si tenga conto che l’Esattore può iscrivere ipoteca già con un credito di 20mila euro mentre per il pignoramento è necessario che il credito raggiunga 120mila euro). Finché però la banca non avvia il pignoramento non può farlo l’Agente della riscossione, trattandosi dell’unico immobile di proprietà del contribuente. L’Istituto di credito, un giorno, mette all’asta la casa. Nella procedura, a questo punto, interviene anche l’Esattore. Il sig. Rossi però trova un’intesa con il legale della banca che abbandona il pignoramento. A quel punto l’esecuzione forzata viene interrotta non potendo essere proseguita solo dall’Agente della riscossione (trattandosi appunto di prima casa). La casa del sig. Rossi è salva.

Immaginiamo ora che l’unico creditore procedente nel pignoramento sia l’Agente della Riscossione, cosa possibile solo a condizione che:

a) il contribuente abbia più di un immobile di proprietà;
b) che la somma del valore di tutti gli immobili del contribuente raggiunga 120mila euro;
c) che il debito maturato dal contribuente sia superiore a 120mila euro.

Il debitore può salvare la casa dal pignoramento immobiliare pagando una parte del debito all’Esattore in modo da riportare l’importo al di sotto del tetto di 120mila euro, soglia sotto la quale – come detto – l’Agente della Riscossione non può avviare il pignoramento. Al contribuente basterà quindi pagare solo una quota delle cartelle esattoriali scadute.

 

Come bloccare il pignoramento se le aste vanno deserte

Dopo ogni tentativo di vendita andato deserto (ossia senza offerenti), il giudice può disporre una riduzione della base d’asta del 25%.

C’è una norma del codice di procedura civile in forza della quale, quando più aste vanno deserte e il prezzo si abbassa tanto da non consentire la soddisfazione dei creditori, il giudice dispone la chiusura anticipata dell’esecuzione forzata.

Ecco il testo dell’articolo in questione: «Quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo».

Si tratta di una valutazione che fa il giudice caso per caso, tenendo conto degli interessi del creditore (che mira a realizzare quanto più utile possibile) e del debitore (che mira invece a non perdere la casa per un controvalore irrisorio senza peraltro liberarsi completamente dal debito).

Non sempre i giudici concedono la liberazione dell’immobile a fronte pure di un enorme ribasso del prezzo di vendita. Di solito è necessario scendere ad almeno un terzo del valore della casa rispetto alla perizia eseguita dal consulente.

Una cosa però è certa: nonostante (anche in questo caso) nulla dica la legge (spetterà eventualmente ai giudici interpretarla in tal senso), qualora il creditore, una volta estinta la procedura per assenza di offerte, proceda a pignorare nuovamente lo stesso immobile, riavviando il medesimo calvario per il debitore (ben conoscendone l’inutilità in assenza di riassetti del mercato immobiliare) si potrebbe configurare un abuso di diritto; e pertanto il debitore ben potrebbe proporre una opposizione all’esecuzione forzata ed, eventualmente, chiedere la condanna del creditore al risarcimento del danno per lite temeraria.

 

Come bloccare l’asta dopo la quarta

Proprio perché la norma precedente non ha avuto grande applicazione, il decreto banche del 2016 ha introdotto un’ulteriore previsione: un tetto massimo alle vendite giudiziarie. Dopo di che, se infruttuose, il pignoramento immobiliare si estingue. Vediamo come funziona.

Il codice di procedura ora stabilisce quanto segue. Quando il terzo esperimento d’asta va deserto e il bene pignorato non viene aggiudicato, il giudice dispone un quarto tentativo di asta e, per rendere più allettante la partecipazione degli offerenti, può decurtare fino a metà il prezzo di vendita. Con l’ovvia conseguenza che, andata deserta anche la quarta asta, il prezzo di vendita sarà sceso così tanto da consentire il verificarsi di quella condizione – prima descritta – che consente l’estinzione anticipata del pignoramento: ossia l’impossibilità di conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori.

Ecco così che già dopo la quarta o la quinta asta, al più dopo la sesta, è possibile bloccare le aste successive e chiudere una buona volta il pignoramento. Questo significa che dopo 4 aste il pignoramento si chiude.

La novità è che:

  • la chiusura del processo non è una semplice facoltà per il giudice, ma un vero e proprio obbligo;
  • viene finalmente definito il numero massimo di aste esperibili (in precedenza, invece, non era indicato);
  • nel nuovo testo non vengono poste condizioni alla chiusura anticipata della procedura se non il numero massimo di quattro aste (quindi, non rileva più la possibilità di “conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori”).

Riacquistare la casa all’asta

Ultima possibilità per il debitore è mettere i soldi da parte durante il tempo necessario all’esecuzione forzata e, in caso di aggiudicazione, acquistare un nuovo immobile. Sempre che nessun familiare voglia acquistare il proprio. Come infatti abbiamo detto in Ricomprare la propria casa all’asta, anche il coniuge in regime di comunione dei beni può partecipare all’esecuzione e fare delle offerte. Offerte che potranno essere tanto più basse quanto più scende la base d’asta. (Fonte: www.laleggepertutti.it).

 

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