La Cassazione (sentenza 8230/2019) ha fortemente limitato l’ambito di applicabilità dell’articolo 46 del Dpr 380/2001, che vieta - comminandone la nullità - gli atti di trasferimento degli edifici, o loro parti, in cui non risultino gli estremi del relativo permesso di costruire. Secondo la Corte «in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato», come spiegato nel servizio a sinistra. La decisione lascia il dubbio sui casi in cui il permesso di costruire richiamato sia «riferibile all’immobile», ma le difformità tra il titolo e la situazione di fatto siano rilevantissime. Si pensi al caso dell’immobile di cui sia citato nell’atto di trasferimento il titolo relativo ai soli piani interrati, mentre sono completamente abusivi quelli fuori terra in cui si colloca l’appartamento compravenduto. Si entra così nell’ambito della gradazione degli abusi edilizi, che il legislatore e la giurisprudenza hanno articolato in diverse ipotesi, cui è bene fare riferimento per delineare la portata della decisione in commento (si vedano anche le schede). Pare condivisibile la conclusione secondo cui la presenza di difformità essenziali, non essenziali e parziali non conduce più alla nullità degli atti, mentre la difformità totale impedisce ancora il trasferimento del bene, nei casi limite in cui il titolo richiamato non sia minimamente rappresentativo della realtà edilizia dell’immobile. Per l’articolo 31 del Dpr 380/2001, sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso, o l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza e autonomamente utilizzabile.
La difformità essenziale è intermedia tra la difformità totale e quella non essenziale: per l’articolo 32 Dpr 380/2001 (le leggi regionali contengono una disciplina più specifica), sono in difformità essenziale i casi di: -mutamenti di destinazione d’uso che comportino variazione degli standards urbanistici; -aumenti consistenti della cubatura o della superficie da valutare in relazione al progetto approvato; -modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato o della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza; -mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito; -violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non riguardi aspetti procedurali. Va detto tuttavia che ove i casi elencati siano realizzati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dal permesso; gli altri interventi sui medesimi immobili tutelati, sono considerati variazioni essenziali e non totali. Infine, la difformità non essenziale è quella che non ricade né in quella totale né in quella essenziale. In particolare, secondo l’articolo 32 già citato non sono variazioni essenziali quelle che incidono sulle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative. (Fonte: di Guido Inzagni e Tommaso Fiorentino, Il Sole 24ORE – Estratto da “Norme & Tributi”, 1 aprile 2019)
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